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Ciò che non si vede disturba la mente degli uomini
assai più profondamente di ciò che essi vedono.Giulio Cesare.
Introduzione.
Oggi parleremo di alcuni concetti di Francesco Corrao che rappresentano tuttora un contributo basilare alla costruzione di un modello psicoanalitico della struttura del gruppo ed alla comprensione del suo specifico funzionamento mentale.
Come lo stesso Corrao ci avverte nel suo lavoro del 1981, che si intitola per l'appunto Struttura poliadica e funzione gamma (F. Corrao 1981, Struttura poliadica e funzione gamma, Gruppo e Funzione Analitica n. II - 2, Marzo - Luglio 1981, edito a cura del Centro Ricerche di Gruppo "Il Pollaiolo", Roma; lavoro presentato poi anche al Fifth European Symposium of Group Analysis, Roma 2-5 Settembre 1981. N.B. - le citazioni di Corrao sono quasi tutte tratte da questo articolo, a meno che non venga altrimenti specificato. Le parole tra parentesi quadre sono mie aggiunte, che hanno lo scopo di rendere più sintetico e scorrevole il discorso), ogni tentativo di cogliere e descrivere le caratteristiche psicodinamiche del gruppo comporta l'avvicinarsi ad una <<configurazione ipercomplessa, estremamente variabile, inabituale dal punto di vista percettivo, emotivo e cognitivo, quindi con carattere di indefinitezza, incertezza, evanescenza>>. Per cercare di costruire un'adeguata rappresentazione di tale complessità, Corrao parte dall'analisi critica del noto modello a rete della struttura gruppale.
Riconosciuta la validità del modello, almeno per quanto riguarda la sua capacità di descrivere gli aspetti della comunicazione nel gruppo, Corrao ne critica invece l'inadeguatezza rispetto alla capacità di rappresentarne compiutamente gli aspetti strutturali ed il funzionamento mentale; passando poi per l'attenta descrizione dei livelli rappresentazionali del pensiero di gruppo e delle caratteristiche del linguaggio gruppale, Corrao affronta l'analisi dell'origine e dello sviluppo del pensiero nel gruppo, e quindi delle sue funzioni simbolopoietica e mitopoietica; infine, analizzando le operazioni logiche conservative e trasformative che avvengono all'interno della situazione gruppale, ipotizza la presenza nel gruppo di una specifica funzione trasformazionale, che denomina funzione gamma.. Sull'argomento egli ritorna anche più estesamente in un seminario dell'85, intitolato Spazio mentale (F. Corrao, Spazio mentale, seminario tenuto presso il Centro Ricerche di Gruppo "Il Pollaiolo", Roma 14 Marzo 19851), in cui egli da un contributo fondamentale alla definizione del concetto di campo gruppale. Ma andiamo per ordine, riprendendo innanzitutto il modo in cui si era giunti in psicoanalisi alla definizione del modello a rete.
Il modello a rete.
Il modello reticolare fu elaborato soprattutto da Foulkes all'inizio degli anni '40, come sviluppo del precedente concetto di <<rete di legami libidici>> di cui aveva parlato Freud nel '21 in Psicologia delle masse. Foulkes, attraverso lo studio sperimentale nei gruppi, si rese conto dell'insufficienza del modello teorico freudiano, che evocava eccessivamente una rigidità ed una staticità nei rapporti di collegamento affettivo tra i membri del gruppo, tenendo conto quasi esclusivamente del transfert, e che di conseguenza inseriva un'idea di piatta bidimensionalità nella rappresentazione della psicodinamica gruppale, cosa che mal si conciliava con i risultati dell'osservazione diretta. Tale modello appariva inoltre oramai datato, alla luce dell'attiva ricerca sull'identificazione proiettiva e sugli altri aspetti primitivi della mente che si svolgeva in quegli anni.
Così Foulkes, facendo riferimento agli studi di Lewin sul concetto di campo, che risalgono alla metà degli anni '30, riasssumibili nella nota formula per cui << il tutto contiene di più ed altro rispetto alla somma delle sue parti>>, per descrivere meglio ciò che gli appariva come una polidimensionalità caratteristica del pensiero e della comunicazione nel gruppo, coniò il modello di rete matriciale. Con il concetto di matrice , scelto per fare un chiaro riferimento al concetto di mater , Foulkes intese sottolineare l'aspetto specificamente originale della situazione gruppale, che non dipende solo dalla somma delle caratteristiche della personalità dei singoli membri; la matrice manifesta invece una sua struttura ed autonomia funzionale, che in qualche modo trascende gli individui, anche se è da essi globalmente costituita e condivisa, essendo inoltre in un certo senso capace di condizionarne il pensiero, il linguaggio ed il comportamento.
Negli stessi anni Bion giunse ad analoghe conclusioni, prendendo però le distanze dal modello a rete e parlando esplicitamente di mente di gruppo ed introducendo, tra l'altro, i concetti di sistema protomentale , di assunti di base e di gruppo di lavoro. Secondo Corrao, che introdusse il pensiero di Bion in Italia alla fine degli anni '60, Bion preferì non utilizzare un concetto che si rifacesse ad un modello spaziale convenzionale, necessariamente bi o tridimensionale, ma tese a sottolineare l'aspetto complesso anche se sostanzialmente e funzionalmente unitario del gruppo.
Partendo come Foulkes dal modello topologico di campo, Bion mise in evidenza che tale modello indica unità e coesione, ma anche contemporaneità e reciprocità; così, per cogliere la polidimensionalità del gruppo, gli apparve più opportuno non parlare più di rete, riferendosi invece ad un modello di tipo fisico-matematico che tenesse conto anche delle dimensioni temporale e operazionale del pensiero nel gruppo, nonché delle funzioni mentali che ne sottendono e determinano la nascita e l'evoluzione. E questo è anche il sentiero che ha continuato a percorrere Corrao.
Ma prima di affrontare più specificamente il discorso di Corrao, penso che potrebbe essere utile l'uso di una metafora, prendendo spunto da un'esempio di rete e di comunicazione reticolare così attuale e per alcuni versi così evocativo. E chissà, forse Corrao stesso, attento com'era ad ogni situazione scientifica o tecnica nuova, soprattutto se coinvolgeva in una dinamica di gruppo un numero più o meno grande di persone, ne avrebbe a suo modo parlato, se non fosse prematuramente scomparso nella primavera del '94.
Un esempio attuale di rete: Internet.
Come probabilmente sapete in questo momento si parla molto, anche in contesti non specialistici, di Internet e di Ciberspazio. Internet è una rete di interconnessione universale tra nodi informatici, cioè singoli computers terminali o piccole reti locali di computers; una grande rete a sviluppo mondiale dunque che, attraverso l'uso di uno specifico linguaggio comune, detto protocollo TCP/IP, permette la comunicazione e il trasferimento di testi e dati, compreso grafica, suono e filmati digitalizzati, tra elaboratori anche molto diversi tra loro per potenza e configurazione hardware; e tutto questo utilizzando come supporto la normale rete telefonica, rendendo quindi il sistema aperto a chiunque, in qualunque parte del globo, possieda un computer, un modem, un telefono e un indirizzo telefonico, sia su rete commutata, che cellulare o satellitare.
Per Ciberspazio si intende invece l'universo informatico che grazie ad Internet si è venuto a costituire, uno spazio virtuale, che in qualche modo rappresenta un sistema gemello dello spazio naturale, in cui è possibile "navigare" (questo è il termine correntemente utilizzato) e raggiungere in "tempo reale" ogni singolo luogo del mondo, ovvero ogni nodo computerizzato della rete e i suoi dati. E questo solamente al prezzo di una telefonata urbana.
Al concetto informatico di Ciberspazio, forse proprio a causa della omnipresente ed immediata fruibilità di ogni informazione, si sono fin dall'inizio sovrapposte molte aspettative e fantasie, forse troppe (e penso all'illusione gruppale di cui parla Anzieu), come sempre accade per i fenomeni nuovi che coinvolgono gran parte dell'umanità, basta pensare al telefono, al cinema, e naturalmente alla radio ed alla televisione; così oggi da più parti si parla di Internet in termini di "comunità virtuale" o di "villaggio globale" e c'è perfino chi si azzarda a parlare di una sorta di "nuovo illuminismo" che il sistema potrebbe rendere possibile.
Questa ipotesi si basa sul fatto che con Internet ogni "cittadino del mondo" può in ogni momento ricevere e pubblicare informazioni che comunque restano stabilmente accessibili a tutti nella memoria digitale collettiva del sistema; è nata così in molti la speranza o l'illusione che "la madre di tutte le reti", come Internet è stata spesso definita (e qui penso non solo a Saddam Hussein, ma anche alla mater di Foulkes), che Internet, dicevo, possa contribuire a facilitare la risoluzione in senso democratico di molti problemi della civiltà umana, ad esempio favorendo una "nuova rivoluzione francese", pacifica e incruenta questa volta, ma capace di opporsi e sconfiggere l'attuale gestione feudale dell'informazione o l'assolutismo monarchico rappresentato dal controllo dei mass media da parte di pochi e potenti gruppi economici. In verità c'è chi afferma, forse più realisticamente, che stiamo assistendo alla nascita di un più raffinato sistema di televideo, in attesa della televisione interattiva (tanto che sono già stati presentati sul mercato degli apparecchi ibridi, televisori che contengono anche un computer e un modem), il cui controllo resterà con tutta probabilità saldamente nelle mani di chi gestisce o gestirà la televisione. Si ripeterebbe così ciò che è già accaduto per le radio pirata e le televisioni private; del resto già ora sono attive in Internet vaste aree di pubblicità e vendita per telecorrispondenza.
Ma forse quello che più ci può interessare in questo contesto è il fatto che nel ciberspazio ogni individuo è virtualmente in contatto sincronico con tutta l'umanità; ma non si tratta di un contatto fisico, bensì di un collegamento immediato ma non sensoriale, attraverso uno spazio invisibile, uno spazio topologico in cui si percepiscono al contempo la lontananza e la vicinanza, la rarefazione del vuoto e la pienezza totale. Non a caso alcune delle fantasie su Internet parlano di "grande caverna oscura"; non a caso uno dei più diffusi sistemi di navigazione sulla rete si chiama "Gopher", che è il nome di un piccolo roditore che scava e vive in lunghissime gallerie sotterranee, il cui nome scientifico è significativamente Gopherus polyphemus; non a caso ancora, ma le possibilità di esempio sarebbero quasi infinite, una dei più importanti nodi italiani di Internet si chiama "La città invisibile".
Uscendo allora dall'esempio, si potrebbe dire che, pur non essendo Internet una vera struttura gruppale, in quanto manca ogni contatto di tipo sensoriale tra i suoi "cittadini", viene comunque percepita da una parte della nostra mente come una sorta di grande campo gruppale. Ciò dipende dalla perturbante consapevolezza della vastità della sua estensione, che espone ad una simunltanea sensazione di caduta vertiginosa e di galleggiamento; dalla regressione indotta dall'impossibilità di vedersi, parlarsi e udirsi direttamente, unitamente alla sensazione quasi magica che il monitor sia una finestra sul mondo che permette un contatto e un dialogo universale; e ancora dall'immediatezza del collegamento con ogni sito, abbinata all'apparente trasparenza e forse alla rimozione del supporto tecnico informatico e telefonico, che crea l'illusione di una sorta di sospensione del tempo e di un'immersione in un continuum spaziotemporale; tutto questo fa sì che l'invisibile ciberspazio venga colmato da fantasie proiettive e da aspettative tipicamente gruppali.
Per spiegarci questo fenomeno possiamo utilizzare l'ipotesi bioniana che postula l'esistenza di una parte gruppale della nostra mente, distinta e indipendente dalla parte individuale della mente stessa; una componente gruppale del pensiero che in certe condizioni si può attivare anche indipendentemente da un effettivo collegamento psico-fisico con altri individui, ad esempio in presenza di una regressione della componente individuale e di una struttura reticolare complessa che faccia da supporto agli elementi caratteristici di questo tipo di pensiero; un supporto che proprio perché invisibile risulta capace di fungere da sostegno o da contenitore alla fantasia dell'effettiva esistenza di uno spazio virtuale condiviso; una parte della mente che si presenta come una sorta di valenza insatura, una funzione di collegamento beante, in attesa di incontrare o creare un campo gruppale. Tenendo presenti queste considerazioni, riprenderei ora il discorso su Corrao partendo dalla sua definizione di collegamento reticolare e di gruppo invisibile.
Monade, diade, triade e poliade.
Nel suo articolo dell'81, dopo aver definito i concetti di insieme , come aggregato di oggetti o monadi, e di struttura , come organizzazione morfologico-funzionale di un insieme di oggetti, Corrao descrive la relazione diadica come l'unità minima di ogni relazione intrastrutturale tra gli oggetti stessi, analizzandone tutte le implicazioni semantiche, sia sul piano filosofico e psicologico sia su quello della logica formale astratta e della dialettica tra gli opposti. Dall'operazione di mediazione dialettica tra tesi e antitesi sorgono le configurazioni triadiche , in cui la sintesi è l'elemento che permette la risoluzione e l'evoluzione.
Nel gruppo, afferma Corrao, i fenomeni mentali sono scanditi <<dal ritmo costante dei processi di contatto, comunicazione e distacco>> tra tutti gli oggetti che compongono l'insieme, come in un sistema organizzato di collegamenti reticolari , intendendo per oggetti sia i singoli membri, sia gli oggetti mentali che vengono prodotti e scambiati dai membri nel gruppo stesso; e tuttavia, ad una prima superficiale osservazione, non il sistema nel suo insieme, ma l'apparente emergere di <<strutture relazionali diadiche e/o triadiche si può considerare il fenomeno di massima frequenza>>. Questo dipende dal fatto che è più difficile riuscire a cogliere la struttura poliadica del gruppo, cioè <<la totalità organizzata delle interrelazioni tra gli elementi o membri che lo costituiscono>>.
L'osservazione e quindi l'analisi della struttura poliadica è più difficile perché <<si tratta di una struttura di sfondo, spesso latente o virtuale>>, in un certo senso invisibile , alla quale si sovrappongono, almeno nella nostra percezione, le figure più facilmente visibili, di tipo diadico e triadico. Per Corrao dunque il gruppo come insieme e i fenomeni di gruppo <<non sono corrispondenti ad osservazioni empiriche>>, al contrario <<sono tutti riferibili ad un piano [sottostante, ma fortemente condizionante] che non si vede>> (F.C.'85). Aggiungerei che così come per poter vedere le stelle non ci deve essere il sole o altre fonti artificiali di luce abbagliante, nello stesso modo per cogliere la struttura poliadica del gruppo occorre fare il buio in una parte del nostro sistema percettivo, e poi scavare nel buio e nell'invisibile; e ancora, seguendo l'indicazione bioniana, si tratta di attivare e mantenere sempre nel qui ed ora un'ottica di tipo binoculare: con un occhio rivolto al contenuto, ai fenomeni emergenti, più legati ai rapporti tra gli oggetti, ed uno rivolto al contenitore, il funzionamento mentale attuale del gruppo.
Le critiche al modello reticolare.
Parlando di sistema organizzato di collegamenti reticolari Corrao, come Bion, vuole dunque mettere l'accento sugli aspetti strutturali e funzionali del sistema poliadico, non sugli oggetti che lo compongono. A suo avviso il modello a rete è comunque ancora utile per raffigurare i rapporti diadici e triadici tra gli oggetti, così come essi appaiono nel campo del visibile, e in questo senso egli afferma che <<il modello reticolare presenta il vantaggio di consentire circoscrizioni di settore, scelte alternative o selettive delle connessioni [tra gli oggetti] in esame>>, rendendo in parte possibile, come nell'uso dello scudo da parte di Perseo, <<l'esplorazione cognitiva indiretta della struttura>>.
Ma in questo modo la dimensione specifica del gruppo resta comunque invisibile, o forse è inguardabile, come Medusa, il cui sguardo pietrificava chi osava guardarla negli occhi. Dico questo perché, come è noto, la piena immersione nella situazione di gruppo comporta sempre un certo grado di regressione per l'individuo e la comparsa di fenomeni di depersonalizzazione; l'individuo ovviamente cerca di difendere la sua identità, rifugiandosi appunto dietro lo scudo del suo pensiero individuale. Così facendo però si perde di vista il gruppo e i suoi fenomeni colloidali e magmatici, che, restando ancora un attimo nella metafora, possono forse essere ben rappresentati dal groviglio di serpenti che ricopre la testa di di Medusa. Secondo Corrao se si vuole osservare pienamente e direttamente il gruppo occorre una <<simultaneità di auto ed etero osservazione, e la sinestesia sincretica di: contenitore/contenuto, interno/esterno, parte/tutto>>, il che implica che <<la modalità di osservazione adeguata sembra consistere in un assetto mobile e divergente di tipo asintotico [rispetto al consueto uso del pensiero individuale], cioè caratterizzato da accomodazioni continue, corrispondenti alle variazioni continue ... della struttura [gruppale]>>.
Il modello reticolare gli appare invece il risultato di una modalità di osservazione troppo vincolata <<in modo specifico ad aspetti carichi di sensorialità o materialità>> (F.C.'85), tutta protesa a rintracciare la rassicurante continuità di nodi e collegamenti, dando luogo ad una rappresentazione rigida della struttura poliadica gruppale, potrei quasi dire pietrificata. Con l'introduzione del concetto di campo gruppale invece è possibile, come nel modello quantistico della fisica, cogliere gli aspetti di discontinuità del gruppo ed i salti logici caratteristici del pensiero gruppale, o ancor meglio, come nel modello topologico, la compresenza e la simultaneità, momento per momento, di continuità e discontinuità. In questo senso non è più necessario restare ancorati ad un modello reticolare, <<non è più necessario che teniamo conto delle connessioni materiali, dei fili che legano un nodo a un altro nodo>>; così facendo possiamo permetterci di perdere di vista gli oggetti concreti e, come per gli orbitali degli elettroni, utilizzare la teoria delle probabilità ed affermare che le particelle sono in ogni momento in ogni punto del continuum spazio-temporale.
Ne deriva che nella situazione gruppale a struttura poliadica gli elementi del pensiero possono essere considerati come sempre disponibili in maniera diffusa nel campo, liberi da rigidi collegamenti reticolari locali, diadici o triadici, precostituiti, e quindi anche disponibili ad essere oggetto di operazioni trasformative di tipo globale. In altre parole, favorire la costituzione e il mantenimento del campo gruppale permette di superare il rischio di una continua riproposizione locale di contenuti e significati che potrebbero risultare saturanti per la vita mentale del gruppo, facendolo precipitare e cristallizzare in una situazione rigidamente e difensivamente bidimensionale o al massimo tridimensionale, più familiare e rassicurante per gli individui, ma comunque caratterizzata da un blocco a livello spazio-temporale, come nelle situazioni fortemente condizionate dagli assunti di base.
La funzione gamma.
Stabilito che la costituzione del campo gruppale comporta sempre per i membri una regressione de una deindividuazione, si potrebbe affermare che il livello di strutturazione poliadica raggiunto dal gruppo è in ogni momento dipendente dal grado di regressione degli individui che ne fanno parte.
Secondo Corrao tale regressione comporta:
a) fenomeni di depersonalizzazione
b) trasferimento del senso dell'identità dall'individuo al gruppo
c) riduzione delle funzioni soggettive di vigilanza cosciente, con manifestazione di stati oniroidi o ipnoidi
In termini bioniani si può dunque parlare di una situazione che si caratterizza per una attenuazione o la sospensione o addirittura in certi momenti per l'inversione delle funzioni mentali della personalità individuale e specificamente della funzione alfa. Come è noto Bion diede il nome di funzione alfa a quella parte della nostra mente a cui spetta il compito di svolgere le operazioni trasformative che permettono di elaborare ed organizzare tutte le nostre esperienze sensoriali ed emotive, generando elementi alfa, cioè gli elementi base per la costruzione del pensiero. Alla funzione alfa spetta anche il compito di costotuire e mantenere una barriera limitante tra conscio e inconscio.
La sospensione della funzione alfa rende dunque impossibile la distinzione tra elementi consci e inconsci, per cui gli elementi sensoriali ed emotivi non trasformati, gli elementi beta di Bion, invadono la mente. Ma questi elementi primitivi, non potendo essere elaborati, sono fastidiosamente vissuti come "cose", per cui la mente cerca di liberarsene espellendoli nel campo circostante. Di conseguenza, scrive Corrao, <<il campo extra-personale dei soggetti, cioè il campo gruppale, viene progressivamente invaso ... dagli elementi beta. Questi elementi tuttavia possono essere trattenuti dalle strutturazioni [reticolari] preorganizzatesi nel campo gruppale>>, dando luogo alle configurazioni dette assunti di base, a meno che non intervengano le funzioni trasformative proprie della struttura poliadica.
Sulla base di queste considerazioni Corrao denomina funzione gamma la capacità del gruppo di trasformare gli elementi sensoriali ed emotivi primitivi, definendolo <<l'analogo simmetrico, nella strutura di gruppo, di ciò che rappresenta la funzione alfa nella struttura personale>>. Le operazioni trasformative indotte dalla funzione gamma sugli elementi basici immessi nel campo gruppale portano alla produzione di elementi gamma, necessari per la formazione del pensiero di gruppo. Si tratta di <<un pensiero multiplo, multifocale o policentrico>>, ad andamento vorticoso e ad elevato gradiente di produttività, che utilizza contemporaneamente livelli e strumenti logici diversi, anche opposti.
Concluderei con le parole dello stesso Corrao: <<se utilizziamo il concetto di campo non c'è bisogno di pensare allo spazio intermedio tra interno ed esterno, perché nel campo, visto che tutti i punti possono essere utilizzabili, ci possono essere [simultaneamente] interni, esterni, intermedi ... perché è omnicomprensivo. Il modello di funzione gamma presume che vi siano trasposizioni o omeomorfismi funzionali, omeofunzionalismi tra mente individuale e mente gruppale. Col concetto di campo possiamo parlare con maggiore disinvoltura di apparato mentale transpersonale o produzione di pensieri gruppali. Kaës, per dare una giustificazione concettuale ... [alle sue riflessioni teoriche sull'apparato mentale gruppale, parla di apparato pluripsichico, ma parlare di] ... pluripsichico implica la necessità di [continuare a] distinguere e di occuparsi dei singoli membri del gruppo. Non è nell'accezione [poliadica che noi vogliamo indicare] della multidimensionalità simultanea. Invece col concetto di campo possiamo tranquillamente parlare di transpersonale>>
Seminario del Dr. Marco Longo
CATTEDRA DI TEORIA E TECNICHE DELLE DINAMICHE DI GRUPPO (Prof. Claudio Neri)
Roma, 17 Febbraio 1995